Dormivo con i guanti di pelle by Daniele Cobianchi

Dormivo con i guanti di pelle by Daniele Cobianchi

autore:Daniele Cobianchi [Cobianchi, Daniele]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788804626633
Google: 2sWQMQEACAAJ
Amazon: B00BFCPKSE
editore: Mondadori
pubblicato: 2013-12-15T16:48:46+00:00


PARTE TERZA

Suor Dina

Il postino recapitò il pacchetto contenente il primo guanto di pelle, il destro, a suor Dina, una donna minuscola e bianca che si occupava della segreteria e dell’ufficio acquisti di Villa Ripa Margherita.

Quell’uomo aveva suonato il campanello della bicicletta con insistenza, a piccoli intervalli di pollice. Lei era uscita con i sandali che portava da cinquant’anni e gli occhiali da lettura abbassati a pinzarle la punta del naso. Quella scena si ripeteva ogni giorno ed entrambi la interpretavano in automatico con il solo desiderio che terminasse nel più breve tempo possibile.

Suor Dina rigirò il pacchetto tra le mani nervosamente. Voleva inquadrarlo da angolature diverse. C’era qualcosa che non andava. Non ne riceveva molti fatti così. Arrivavano un sacco di riviste specializzate più o meno imballate in quel modo: le inviavano le case farmaceutiche in abbonamento e raccontavano di terapie innovative e di medici virtuosi con tanto di casistiche e percentuali di successo dei trattamenti.

Lo soppesò facendolo saltellare sulla mano.

Lo scrutò sforzando gli occhi e allungando il collo fino a sentirne l’odore. Lo palpò due-tre volte come se l’artrosi fosse di fatto pura estetica e non limitasse sul serio la funzionalità delle sue dita. Muoveva i polpastrelli con l’esercizio di chi fa per mestiere l’osteopata: seguiva le linee e gli spessori provando a costruire nella testa, poco per volta, il contenuto. Ma non per curiosità. Semplicemente perché era scritto nel regolamento.

Per lei, il regolamento aveva la sacralità della Bibbia. Lo conosceva a memoria, norma per norma. Avrebbe potuto recitarlo davanti a una platea in abito da sera senza alcun imbarazzo, strappando pure un bell’applauso. E ora le imponeva di aprire quel pacchetto, di controllarlo con scrupolo, perché poteva contenere qualcosa di non idoneo al percorso terapeutico della paziente. Quella della stanza numero 12, secondo piano, con finestra bloccata vista lago: Naike.

Il postino raggruppò altra corrispondenza con la testa quasi infilata dentro la sacca, per non incrociare lo sguardo della suora e non sentirsi costretto a parlarle. Suor Dina ritirò le ultime buste, fece due firme per altrettante raccomandate e, prima di rientrare e di richiudere la porta con un doppio giro di chiave, si lasciò scappare un commento sul cielo azzurro e il sole, come se fossero un fastidio. Il postino la salutò con un “Arrivederci” a bocca storta e poi le disse che quello era il suo ultimo giorno di lavoro. Sarebbe andato in pensione. La suora non disse nulla e strinse il pacchetto e le buste nelle mani. Guardò quell’uomo risalire goffo sul sellino, mentre pedalava piegato su un lato, come una barca a vela, tanto pesava la sua borsa a tracolla.

A Villa Ripa Margherita Naike era entrata saltando la lista d’attesa. La sua malattia invisibile era a uno stadio talmente avanzato che l’aveva fatta schizzare davanti ad altre quindici ragazze. La Signora aveva telefonato al direttore sanitario e preparato tutti gli incartamenti necessari al ricovero. Anche il primario del Fatebenefratelli si era dato da fare e, oltre a mettere a disposizione un’ambulanza, aveva mandato un’e-mail accorata al collega primario ringraziandolo personalmente e pregandolo di tenerlo aggiornato.



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